Sotto forma di diario il blog seguirà passo dopo passo le vicende, le esperienze e le sensazioni di uno dei tanti ragazzi italiani che "hanno scelto" di trasferirsi all'estero per lavorare, proseguire gli studi o semplicemente dare una svolta alla propria vita.

sabato 30 luglio 2011

L'esplosione di un'idea


"Un politico pensa alle prossime elezioni. Un uomo di stato pensa alle future generazioni." (John Clarke)

Non c'è troppo da star a spiegare il perchè uno che se ne va sceglie di andarsene da qui. E' tutto racchiuso nell'aforisma di cui sopra.
C'è invece da focalizzarsi sul "quando" una tale idea nasce. Quando riesce a farsi strada tra le barriere e i legami che serriamo. Quando cresce, s'ingigantisce. E d'un tratto d'esplode.
Il mio "quando" è esploso lo scorso autunno.
Lo scorso autunno ho visto condannare a morte il futuro del mio paese.
Ho visto condannare l'università pubblica. Ho visto trattare come rottami fior di ricercatori, li ho visti parcheggiati in una discarica di cui il mondo si sarebbe potuto tranquillamente dimenticare.
Ho visto l'agonia della scuola pubblica, che tra mille riforme in pochi anni è stata smembrata, poi riaccorpata, divisa e fatta a pezzi.
Ho avvertito storcere nasi alla parola ricerca nella stessa frase di investimenti.

Ma soprattutto, come qualcuno di voi ha evidenziato nei commenti, ho assaporato l'individualismo, saggiato il menefreghismo sociale.
Ho scoperto che troppe volte evitiamo di scendere in piazza e far sentire la nostra voce quando i problemi non ci toccano direttamente.
Non c'era nessuno a manifestare per il futuro nello scorso caldo autunno oltre a studenti e precari.
Nessun altro.

Siamo davvero alla deriva. Siamo in balia di onde che presagiscono un rapido naufragio.
Non c'è spazio per avanzare. Non c'è spazio per crescere.
E allora ho pensato bene di fare l'unica cosa che era nelle mie possibilità: procacciarmi un futuro da solo.
Non volevo affatto naufragare in un mare di ghiaccio.
Non volevo agonizzare.

Ora che i problemi sembrano di tutti sembra che qualcosa si stia muovendo, che la gente abbia una voglia di rivalsa che spero solo non sia fittizia.
Il 15 ottobre 2011 a far sentire la mia voce alla manifestazione che sta prendendo corpo io ci volevo essere.
Ci volevo essere perché non sono né di destra né di sinistra. Perché sono un semplice cittadino italiano.
Farò il tifo per chi ci sarà e sarò orgoglioso di ogni mio connazionale presente.
Ma questa Italia io, purtroppo, l'ho già persa.

mercoledì 27 luglio 2011

Quei giovani che non valgono

"Mandiamo i bamboccioni fuori di casa".
Padoa-Schioppa, defunto ministro di una "florida" economia italiana, tipico figlio di operai (il padre era amministratore delegato Generali) che si è fatto da sè. Come tutti noi no? Quando si dice l'italiano medio..
Pace all'anima sua.

"Voi siete la peggiore Italia" (rivolgendosi ai precari, ndr).
Brunetta, ministro della pubblica amministrazione, professore universitario ordinario in pensione, con la bellezza di "ben" 7 pubblicazioni nel conto della sua produzione scientifica, di cui soltanto 1 con peer review, per un altisonante h-index di 0. ZERO (ISI Web of Knowledge). Quanto (se non addirittura meno) uno di quei ricercatori a inizio carriera che hanno visto volar via il loro assegno precario economicamente e temporalmente.

Questa è dunque l'italia. Sì, quella con la i minuscola, quella che non si sa come, non si sa dove, non si sa con chi, ma è riuscita nella vita.
Loro, non Io. Non Tu.
Perchè noi siamo quei giovani che non valgono. Noi siamo niente.
Noi la schiena ce la dobbiamo spaccare, dobbiamo sudare.
Dobbiamo accumulare titoli per partecipare a concorsi truccati.
Dobbiamo essere messi alla prova da sistemi fallati.
Troppi bocconi amari dobbiamo mandare giù. Troppi.

Mi è stato chiesto dove sto andando. Vado in un paese che mi offre una possibilità, questo è ciò che conta.
E di quale essa sia ne parlerò più avanti, analizzando e comparando quali sono le realtà che si prospettano a chi ha voglia di lavorare o di studiare, e imparare.
Di mettersi all'opera. Di fare qualcosa della propria vita. Da soli.
Senza avere percorsi "facilitati", senza raccomandazioni, senza presunti politicanti pronti a dar spintarelle.
Senza il concetto del "io faccio un favore a te, tu ne fai uno a me".
E senza soprattutto vedersi ridicolizzato da chi ridicolo lo è veramente.

domenica 24 luglio 2011

Saluto alla bandiera

Nelle mie vene scorre il sangue di chi ha dato la vita per darla a te.
Di chi ti ha difeso, di chi ha sacrificato il proprio coraggio, o ha pianto i propri cari partiti per il fronte e mai tornati.
Di chi ha lottato, alzato la voce e invocato un futuro migliore per i propri figli.
Di chi ha sognato nuovi orizzonti e possibilità. Speranze.
Cose che tu, Italia mia, stai inesorabilmente distruggendo.
Quel sangue, il sangue che è tuo sangue, è oramai vittima di una diaspora sociale prima che culturale, fomentata dal cancro politico (omogeneo, senza colore né parte), dalla stasi e dall'assenza di sicurezza e serenità che ti stanno consumando. Lentamente. Da dentro.
Io Italia, sono un figlio tuo.
Ma tu mi stai scacciando, mi stai allontanando come la natura fa con chi sa che non sopravviverà.
Così mi costringi a partire. Mi inviti ad emigrare in cerca di ciò che non mi sai dare e forse mai riuscirai a darmi. Un lavoro. Una casa. La possibilità di essere felice.
Perdona la mia debolezza, ma non ho la forza di rimanere qui, non ho l'attitudine di lottare contro i tuoi mulini a vento come un rinnovato Don Chisciotte, né posseggo la pazienza di attendere che un nuovo vento cominci a soffiare. Devo vivere.
Scusami ma io vado.
Sono uno che se ne va.
Eppure tornerò. E lo farò per amore, per affetto, per amicizia. E forse per veder realizzato quel barlume di speranza che non smetterò mai di riporre in te.
Ma ora è tempo di andare. Perchè tu, in realtà, mi stai esiliando.